Omaggio a Beppe Rinaldi
DI ANTONIO GALLONI |
"Il Barolo deve essere un vino austero, potente, senza frutta", mi diceva spesso Beppe Rinaldi. Nelle sue mani, i vini erano spesso così. Ma parlare del vino è quasi superfluo quando si guarda indietro alla vita straordinaria dell'uomo che fu innanzi tutto un'icona culturale ed intellettuale, ed un produttore di vino solamente in secondo luogo. Purtroppo, Rinaldi ha perso la sua battaglia con la malattia pochi giorni prima del suo settantesimo compleanno. Lascia un retaggio ricco e sfaccettato che vivrà per sempre sotto la guida di sua moglie, Annalisa, e le figlie Marta e Carlotta.
Beppe Rinaldi nella sua cantina
Beppe Rinaldi, amichevolmente chiamato "Citrico" per il suo senso d’umore acerbo, è nato il 17 settembre 1948. Con la sua laurea in veterinaria, Rinaldi rilevò la tenuta di famiglia solamente con la scomparsa di suo padre, Battista, nel 1992. Rinaldi sostenne tutti i principi della scuola tradizionale del Barolo, tra cui spicca la ferma convinzione che il Barolo debba essere prodotto con uve assemblate da più vigneti, una visione condivisa dal cugino Bartolo Mascarello. Fu anche un fervente critico di ciò che considerava un'espansione eccessiva nella regione del Barolo, sia quando si trattava di progetti che non pensava fossero rispettosi dell'atmosfera bucolica delle colline delle Langhe, come l'Hotel Boscareto (che ha definito un ‘eco-mostro') che l'aumento degli ettari piantabili per il Nebbiolo da Barolo. Rinaldi parlava candidamente sia di problemi politici che sociali, una ventata d’aria fresca in questo mondo d’oggi fatto di eccessivo “political correctness”.
Il Piemonte era un posto molto diverso quando ho iniziato a visitarlo alla fine degli anni '90. Rinaldi, come tanti altri produttori tradizionali, era completamente fuori dall’attenzione sia della stampa che dei consumatori, con l'eccezione di una manciata di appassionati che cercavano i suoi vini. All'epoca, Rinaldi aveva in vendita 5-6 diverse annate, così come praticamente tutte le altre aziende. Potevi comprare tutto il vino che volevi. Il prezzo? Troppo poco. Rinaldi era quasi in imbarazzo a prendere i soldi. Una delle ragioni per cui ho iniziato a scrivere sul vino è perché, in quel momento, c'erano ben poche informazioni disponibili su Rinaldi e altri produttori tradizionali, tra cui tanti nomi che oggi sono tra i più ambiti non solo in Piemonte o in Italia, ma in tutto il mondo. Abbastanza presto, il fascino di questi vini e delle famiglie che li hanno fatti è diventato un'ossessione.
"Il Barolo deve essere un vino austero, potente, senza frutta", mi diceva spesso Beppe Rinaldi. Nelle sue mani, i vini erano spesso così. Ma parlare del vino è quasi superfluo quando si guarda indietro alla vita straordinaria dell'uomo che fu prima di tutto un'icona culturale ed intellettuale, ed un produttore di vino solamente in secondo luogo. Purtroppo, Rinaldi ha perso la sua battaglia con la malattia pochi giorni prima del suo settantesimo compleanno. Lascia un retaggio ricco e sfaccettato che vivrà per sempre sotto la guida di sua moglie, Annalisa, e le figlie Marta e Carlotta.